🐺 Rinascita Roma, De Rossi eclissa Mourinho: il gioco, la mentalità, il futuro

La rinascita della Roma è sotto gli occhi di tutti, grazie ad un De Rossi che sta andando oltre ogni più rosea aspettativa: dal gioco moderno agli interpreti, dalla mentalità instillata all'arte della comunicazione, "capitan futuro" sta rendendo Mourinho un ricordo sbiadito

Lorenzo Zucchiatti
16 Minuti di lettura
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Sarebbe complicato descrivere il legame che intercorre tra la Roma e la propria gente, anche per un romanista stesso. Un amore di quelli che ti rapiscono, intenso all’ennesima potenza, a tratti tossico, che ti fa venire voglia di mollare tutto, salvo poi ricascarci ogni volta con tutte le scarpe. Essere giallorosso è difficile, ma unico.

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In una storia che vedeva il club non sollevare trofei per un lasso di tempo davvero troppo lungo, ci ha pensato un signore di 61 anni da Setubal, che qualcosina di buono nella sua carriera lo ha decisamente fatto. Josè Mourinho ha portato una mentalità che a Roma non si vedeva da anni, che ha permesso alla squadra tanto di gioire quanto di piangere, pensando alle due finali europee disputate, ma soprattutto di esserci; una cosa per nulla scontata.

Qualcosa si è però spezzato quest’anno, ed analizzarne le cause non è un semplice esercizio di stile: c’è tattica, comunicazione, psicologia e tanto altro nel calderone che ha portato i Friedkin a optare per l’esonero di Mourinho e conseguente avvento di un figlio di Roma che, come tutti i romani e romanisti, ha risposto presente alla chiamata della Magica. L’era De Rossi è iniziata: che novità sta portando? Chi ne sta beneficiando? Ma soprattutto, quanto durerà?

Mourinho c’è, la Roma torna Special

Ed era iniziata esattamente com’è finita l’avventura di Mourinho nella capitale, con un annuncio a sorpresa che aveva scosso l’intero Stivale. È il 4 maggio 2021 quando, dopo un blitz di Dan Friedkin a Londra, viene annunciato come nuovo allenatore della Roma, e l’euforia in città scoppia come la primavera ai primi caldi stagionali. Il compito? Risollevare una squadra che avrebbe terminato il campionato precedente al 7° posto con Fonseca alla guida.

Nonostante l’obbiettivo primario, mai raggiunto, sia la qualificazione in Champions League, Mourinho ha le idee chiare: “Non sono qui in vacanza, fra tre anni mi immagino a festeggiare. Vogliamo un progetto sostenibile per vincere in futuro”. Ci dispiace essere puntigliosi con il buon José, ma alla fine ci ha messo una stagione sola per riportare a Roma un trofeo. La Conference League del 2021/22 porta i giallorossi a gioire dopo anni di astinenza, dalla Coppa Italia e Supercoppa Italiana del 2007/08, qualcosa dunque per cui essere ricordato.

Mourinho, festeggiamenti Conference League
Mourinho, festeggiamenti Conference League @livephotosport

La cosa non si ripeterà l’anno successivo con l’Europa League, persa contro il Siviglia, che negherà il doppio trofeo a Mourinho. Qualcosa però sembra essere cambiato nella capitale, che ora crede possibile poter competere ad alti livelli ogni anno, complice una mentalità diversa ed un’unione d’intenti che a Roma non si vedeva dal primo Spalletti.

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Contro tutto e tutti: il segreto di Mourinho

E a ben vedere, anche ora che le cose sono cambiate, Mourinho era esattamente ciò di cui l’ambiente aveva bisogno all’epoca del suo avvento: squadra e tifo sfiduciati da scarsi risultati e da un senso di inferiorità verso le rivali che aveva anche portato il popolo giallorosso ad essere sempre meno numeroso all’Olimpico, cosa che cambierà drasticamente con il portoghese. Il lavoro sulla testa dei suoi giocatori è incredibile.

Il fondamento principale è il “contro tutto e tutti”, quel bisogno di idealizzare all’interno dello spogliatoio una sorta di nemico comune che compatti il gruppo e gli permetta di gettare il cuore oltre l’ostacolo, sopperendo a limiti tecnici o a mancanza di gioco. Il risultato è una Roma non bella da vedere ma con due… grosse così! In un contesto in cui giocatori come Cristante o Smalling si esaltano e i nuovi come Abraham o Rui Patricio si calano perfettamente nel contesto.

Un metodo diverso da tanti altri allenatori, come lo stesso De Rossi, ma che in quel determinato contesto e periodo storico stava come il cacio sui maccheroni, e che ha permesso di riassaporare il brivido di una finale europea e di un trofeo alzato al cielo. E dunque, perché ci troviamo oggi di fronte ad uno scenario decisamente diverso? Se Mourinho non è mai stato in sella ad una squadra per più di 3 stagioni consecutive un motivo ci sarà, ed anche Roma ha dovuto fare i conti con ciò.

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Josè Mourinho, Roma
Josè Mourinho, Roma @livephotosport

Mourinho ha una data di scadenza

Una falla in questo sistema c’è: esaurito il furore iniziale, dove i giocatori si getterebbero nel fuoco per te, servono le idee di gioco, e da questo punto di vista Mourinho ha dimostrato di faticare ad essere al passo coi tempi. Una Roma rinunciataria, spenta, che non sembrava più affiancare il proprio allenatore nel raggiungimento degli obbiettivi, cosa non difficile da credere viste le dichiarazioni dello Special One sulla rosa a disposizione.

A più riprese il tecnico portoghese ha attaccato tanto i propri giocatori, forse per avere da loro una reazione che però non è arrivata, spaccando di fatto la squadra, quanto la stampa, con un metodo comunicativo che è risultato estremamente datato e fuori luogo. Era insomma giunta la data di scadenza di Mourinho, la solita dopo che la garra che lui e pochi altri sono in grado di trasmettere si era esaurita.

Che potesse addirittura non finire l’anno era decisamente poco pronosticabile, ma la mossa dei Friedkin si è rivelata furba all’inizio, con De Rossi che era l’unico in grado di calmare una tifoseria in rivolta per il prematuro addio di Mourinho, e vincente poi, visto che, per ora, la squadra si sta comportando bene tanto in campionato quanto in Europa League. La cura DDR sta funzionando tanto nelle modifiche tattiche quanto nei singoli giocatori.

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L’era di De Rossi: difesa a 4 e pressing alto

Il cambio di passo e di mentalità portato dall’ex capitano giallorosso è apparso evidente fin dalla prima uscita col Verona all’Olimpico. La disposizione in campo è stata la prima cosa, con l’abbandono di un 3-5-2 che sembrava ormai palese a tutti, tranne che a Mourinho, che non fosse adatto alle caratteristiche della squadra. Difesa a 4 che ha dato maggior equilibrio e che non è mai stata abbandonata se non nel 1° tempo di Firenze, dove è stato lo stesso De Rossi ad ammettere l’errore.

Daniele De Rossi, allenatore della Roma
Daniele De Rossi, allenatore della Roma @livephotosport

Ma al di là del modulo, il pressing alto voluto dal tecnico è stata la caratteristica che più a sorpreso tutti i tifosi: non più una Roma attendista ed in balia del gioco avversario ma aggressiva e vogliosa di recuperare palla in una zona di campo molto più vantaggiosa, pronta a colpire con l’enorme qualità a disposizione là davanti.

Una sorta di evoluzione del metodo Mourinho: grinta e capacità di tirare fuori quel qualcosa in più dai propri giocatori non mancano di certo a De Rossi, ma a questo si aggiunge una proposta di calcio moderno, con uscita dal basso, occupazione degli spazi, verticalizzazioni e recupero alto del pallone. Il risultato è una Roma bella, efficace e consapevole della propria forza, e la crescita dei singoli è sorprendente.

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Svilar, Llorente e non solo: gli outsider di De Rossi

E in effetti sono tanti i giocatori che si stanno beando di quest’aria nuova. Ciò che sorprende sono soprattutto gli outsider lanciati da De Rossi, giocatori che o non avevano spazio o stavano lentamente scivolando nel dimenticatoio una prestazione opaca alla volta. Un nome su tutti? Quello Svilar preso dal tecnico e lanciato subito titolare al posto di un più navigato Rui Patricio. Le prestazioni del belga sono andate oltre ogni più rosea aspettativa, con la Roma che si è ritrovata in casa il portiere del futuro.

L’ex Benfica è l’esempio più emblematico di tale rinnovamento e del coraggio nelle scelte di De Rossi, ma c’è di più: pensiamo a Llorente, oggetto misterioso con Mourinho, spesso acciaccato, ed ora capo saldo della difesa giallorossa, con la dirigenza già al lavoro per trovare un accordo con il Leeds per la sua permanenza.

Mile Svilar, Roma
Mile Svilar, Roma @Twitter

Oppure El Shaarawy, passato da eterno 12esimo a titolare fisso del 4-3-2-1 dei giallorossi, ed ora anche la convocazione per l’Europeo in Germania non è utopia. Solo alcuni esempi di come, evidentemente, la rosa non era così scadente come Mourinho ha cercato a più riprese di sostenere con dirigenza, tifosi e stampa. Un gruppo dove, accanto a tali exploit, hanno alzato il rendimento anche i top.

Tra conferme e sorprese: da Cristante e Mancini a Pellegrini e Paredes

Era effettivamente necessario un salto di qualità da parte dei componenti più importanti della squadra, e questo, tra conferme e sorprese, è arrivato: Cristante è rimasto la costante di una Roma che sembra proprio non poterne fare a meno. Dall’essere uno dei maggiori criticati, Bryan si è guadagnato negli anni il rispetto della piazza, e nonostante non spicchi per giocate spettacolari, ci sarà un motivo se nessun allenatore ha mai osato toglierlo dal campo.

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Dall’equilibrio di Cristante alla garra di Mancini, le cui prestazioni si sono alzate esponenzialmente, diventando davvero una delle colonne portanti della squadra. Due giocatori su tutti però hanno fatto un cambio di passo incredibile: il primo è Paredes, tornato ai livelli della prima Roma e vero direttore d’orchestra di una banda che ora suona all’unisono.

Il secondo non può che essere Pellegrini. 3 gol e 1 assist in 16 gare con Mourinho e 6 gol e 4 assist in 13 con De Rossi basterebbero a spiegare il tutto, ma ciò che sorprende è la presenza dell’ex Sassuolo in campo, l’essere sempre al centro delle azioni, l’attitudine da capitano vero, finalmente con un modulo che mette in risalto le sue qualità. Tale ossatura permette alla squadra di poter dare libertà alla coppia d’oro che fa le fortune della Roma.

Pellegrini e Dybala, Roma
Pellegrini e Dybala, Roma @Twitter

Dybala e Lukaku oro di Roma: il futuro è un rebus

La possibilità di avere due elementi del calibro di Dybala e Lukaku è cosa rara tanto in Italia quanto Europa, e De Rossi sta trovando il modo di sfruttarli a dovere. La Joya è straripante nell’ultimo periodo, con 8 dei 14 gol stagionali segnati sotto la nuova guida; Big Rom è chiamato ad essere più incisivo nei match chiave contro le dirette concorrenti in Serie A, ma con 7 reti in 9 gare è il trascinatore della Roma in Europa League.

Due pedine che si trovano a meraviglia, con l’aggiunta di un Pellegrini in grado di imbeccarli verso la porta con costanza. La voglia di vederli a lungo in maglia giallorossa è tanta nella capitale, ma il futuro è un rebus per entrambi. Le possibilità che Lukaku resti sono bassissime, posto che il Chelsea non ha intenzione di prendere in considerazione un nuovo prestito, e tra cartellino e ingaggio la Roma farà molta fatica ad avanzare un’offerta.

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Diversa la situazione Dybala: l’argentino ha un pericolosa clausola che permette ai club esteri di aggiudicarselo per soli 13 milioni, e proprio per questo sono giorni di riflessione per i Friedkin per il possibile rinnovo di contratto, proprio per togliere quest’opzione che spaventa l’ambiente giallorosso. Discorsi che si intrecceranno inevitabilmente con il futuro di De Rossi, ancora tutto da scrivere.

L’arte della comunicazione e la voglia di Roma: De Rossi resta?

Oltre all’aspetto campo, una vera ventata d’aria fresca il tecnico dei capitolini l’ha portata nell’arte della comunicazione: non più la continua e sterile polemica portata avanti da Mourinho, con il quale parlare di calcio e non di arbitri o rosa non all’altezza era diventato un miraggio, ma voglia di spiegare le scelte fatte, analizzare, lasciar perdere futili attriti con avversari o direttori di gara.

Daniele De Rossi e Paulo Dybala, Roma
Daniele De Rossi e Paulo Dybala, Roma @livephotosport

La genuinità, l’umiltà e la cultura di De Rossi traspaiono in ogni parola che esce dalla sua bocca, in un epoca in cui la comunicazione gioca un ruolo fondamentale. Gli stessi giocatori hanno recepito tale attitudine, con molto meno mercato in panchina e proteste all’indirizzo della squadra arbitrale. Tutta la Roma sta beneficiando delle doti di DDR, e i risultati si vedono.

E il futuro? Troppo facile e immediato dare per scontata la sua permanenza, visto che nessun discorso per il rinnovo del contratto, in scadenza a giugno, è stato intrapreso. Lo stesso De Rossi ha ribadito in sede di presentazione che la qualificazione in Champions League è fondamentale tanto per le ambizioni del club quanto per il suo destino, che a quel punto sarebbe difficile da immaginare lontano da casa sua.

A maggio si tireranno le somme, quando si avrà un quadro completo della stagione della Roma, tra posizione in campionato, con il 5° posto che potrebbe essere sufficiente per la qualificazione alla coppa dalle grandi orecchie, ed un’Europa League da provare a vincere dopo la finale persa l’anno scorso. L’era De Rossi è iniziata, e tutti, dai tifosi agli addetti ai lavori, si augurano che questa possa durare a lungo, per un calcio che ha bisogno di uomini come lui.

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